Mattina: Pigna, borgo Bandiera Arancione nell’alta Val Nervia e parte del Parco Naturale delle Alpi Liguri, affascina con il suo centro medievale dai caratteristici vicoli coperti detti chibi e con la Chiesa di San Michele che custodisce una preziosa tela del Canavesio. La sua storia millenaria, che va dalla preistoria all’epoca napoleonica, si riflette nelle tradizioni e nei luoghi da visitare, come il Museo Etnografico della Memoria Contadina, dove rivive la vita rurale dell’Ottocento e del Novecento.
DA VEDERE: Chiesa di San Michele Arcangelo, Loggia della Piazza Vecchia (suggestiva piazza coperta da archi), Chiesa di San Bernardo, Museo etnografico della memoria contadina, Ponte Vecchio (di origine medievale in pietra che attraversa il fiume Nervia) e la frazione di Buggio.
Pranzo: in uno dei ristoranti del borgo con prodotti tipici locali. Consigliamo di provare i piatti tipici della tradizione pignasca, tra cui il Gran Pistau, i ravioli con il “pizzico” (“raieu cu pesigu”), il “fugassun”, ossia la “torta verde" e la capra e fagioli con i famosi “fagioli bianchi di Pigna” presidio Slow Food, il tutto accompagnato da un “gotto” di rossese.
Pomeriggio: dedicato a Castel Vittorio, l’incantevole borgo medievale sviluppatosi tra il 1200 e il 1700 sotto il dominio della Repubblica di Genova. Oltre alla sua storia, il borgo è famoso per le sue tradizioni gastronomiche, tra cui spicca il Turtun, una torta verde unica che ha ottenuto la certificazione De.Co. (Denominazione Comunale). A differenza di altre torte verdi liguri, il Turtun si prepara con una sola ampia sfoglia, che racchiude due ripieni diversi a seconda della stagione:
- Versione estiva: zucchine, patate e tuma della vallata.
- Versione invernale/primaverile: erbe selvatiche al posto delle zucchine (una variante amata anche da Libereso Guglielmi, il “Giardiniere di Calvino”).
In alcune varianti, le patate vengono sostituite con riso, ma la versione tradizionale con patate di montagna resta la più apprezzata. Il Turtun viene chiuso con caratteristiche pieghe nella sfoglia e cotto direttamente su una piastra nel forno a legna, senza l’uso di teglie. In passato, si cuoceva nei forni comuni del paese, contrassegnandolo con iniziali per riconoscerlo una volta cotto. Le donne lo trasportavano a casa su un testo appoggiato a uno strofinaccio accrocchiato in equilibrio sulla testa.
CONSIGLIATO: Non possono mancare le lumache, un’altra prelibatezza locale, perfetta per completare l’esperienza culinaria di Castelvittorio.